Nella sclerosi multipla scoperti eventi di comunicazione fra cellule

 

 

ROBERTO COLONNA & LORENZO L. BORGIA

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XXI – 16 novembre 2024.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

La sclerosi multipla è una malattia cronica infiammatoria demielinizzante e neurodegenerativa del sistema nervoso centrale, in cui il processo patologico principale è costituito dalla distruzione immuno-mediata della guaina mielinica e degli oligodendrociti. In passato, il rilievo patogenetico di tale componente ha indotto alcuni a considerarla una malattia autoimmune provocata dall’esposizione ad agenti ambientali, trascurando i fattori genetici dell’eziologia[1]. Come abbiamo ricordato nella recente recensione di uno studio sul ruolo degli acidi grassi a catena corta del microbiota intestinale nella patologia della sclerosi multipla[2], proprio le indagini volte ad approfondire il ruolo eziologico di fattori genetici hanno gettato luce sui processi autoimmunitari, che costituiscono anche la base patogenetica dei modelli sperimentali della malattia.

Infatti, dopo più di vent’anni di studi condotti su famiglie e gemelli che hanno dimostrato in modo convincente l’esistenza e l’importanza, per una quota significativa di casi, di una componente genetica[3], gli studi di associazione hanno identificato e caratterizzato alcuni fattori di rischio primariamente legati al sistema immunitario[4]. Zhe Wang, A. Dessa Sadovnick e colleghi, nel 2016 hanno individuato la prima mutazione genica (nel recettore nucleare NR1H3) causante una forma familiare di sclerosi multipla[5]. Nelle forme non familiari, che costituiscono la stragrande maggioranza dei casi, l’interazione tra fattori genetici e ambientali influenza la fisiopatologia, innescando le risposte immuni e infiammatorie.

Anche se non si è ancora trovata risposta a numerosi interrogativi circa l’eziologia e la patogenesi delle forme cosiddette “sporadiche”, che come per altre malattie neurodegenerative costituiscono la stragrande maggioranza dei casi allo stato attuale delle nostre conoscenze, è utile e interessante seguire le ricerca sull’analisi della fisiopatologia nello sviluppo e nella progressione della malattia, perché potrebbe portare all’individuazione di processi su cui agire selettivamente per arrestarli, prevenendo la neurodegenerazione.

Una peculiarità della neuropatologia della sclerosi multipla è costituita dal fatto che l’infiammazione cronica è gradualmente compartimentalizzata e ristretta a specifiche nicchie di tessuto, quali quelle dei margini della lesione. Queste nicchie patologiche hanno un’importanza assoluta per la formazione delle placche dominate dalla gliosi reattiva ma formate attraverso tutte le fasi del processo patologico. Allo stato attuale delle conoscenze non è nota e definita la composizione in tipi cellulari di queste nicchie dei margini e del “core” delle lesioni della sclerosi multipla o degli spazi perivascolari, e, conseguentemente, non si conoscono gli specifici processi interattivi che determinano i cambiamenti caratterizzanti lo stato cronico attivo e lo stato inattivo, importanti da distinguere anche per comprendere meglio la riaccensione periodica nelle forme remittenti-recidivanti.

Celia Lerma-Martin e numerosi colleghi coordinati da Lucas Schirmer hanno realizzato una mappa genetica delle cellule del tessuto delle nicchie rivelando interazioni in lesioni subcorticali della sclerosi multipla.

(Lerma-Martin C. et al., Cell type mapping reveals tissue niches and interactions in subcortical multiple sclerosis lesions. Nature Neuroscience – Epub ahead of print doi: 10.1038/s41593-024-01796-z, 2024).

La provenienza degli autori è la seguente: Department of Neurology, Division of Neuroimmunology, Medical Faculty Mannheim, Heidelberg University, Mannheim (Germania); Institute for Computational Biomedicine, Faculty of Medicine, Heidelberg University and Heidelberg University Hospital, Heidelberg (Germania); European Molecular Biology Laboratory, European Bioinformatics Institute (EMBL-EBI), Hinxton (Regno Unito); Comprehensive Center for Clinical Neurosciences and Mental Health, Medical University of Vienna (Austria); Genomics Institute, University California Santa Cruz, Santa Cruz, CA (USA); Department of Neurology, Division of Neuropathology and Neurochemistry, Medical University of Vienna, Vienna (Austria).

Si propone qui di seguito un’introduzione alla sclerosi multipla tratta da un articolo scritto dal nostro presidente in collaborazione con Diane Richmond[6]:

“Clinicamente la sclerosi multipla è distinta in 5 forme principali: la remittente-recidivante, che è la più frequente, la forma secondariamente progressiva, quella più rara che assume subito andamento progressivo, la forma acuta[7] e, infine, la sclerosi cerebrale diffusa[8]. Il sintomo iniziale in circa la metà dei pazienti è costituito da debolezza o torpore in un arto o due: all’esame neurologico spesso il paziente riferisce sintomi ad un solo arto ma si rilevano deficit, quali un Babinski positivo, anche nell’arto controlaterale. Sono avvertite parestesie e sensazioni di avere il tronco o un arto stretto da una fascia, verosimilmente per interessamento delle colonne posteriori del midollo spinale. L’esame dei riflessi tendinei inizialmente evidenzia ritardo di risposta che tende a mutare in iperattività. In generale, le manifestazioni sintomatologiche variano secondo un’ampia gamma di intensità, potendo essere sfumate o configurare vere e proprie paraparesi spastiche o atassiche. In vari casi l’emergenza clinica assume il profilo di una delle seguenti sindromi: 1) neurite ottica; 2) mielite trasversa; 3) atassia cerebellare; 4) sindromi del tronco encefalico (vertigine, disartria, diplopia, dolore o torpore faciale).

I dati su soggetti, etnie ed aree geografiche più colpite hanno costituito inizialmente un’indicazione orientativa per la ricerca sulle cause. La prevalenza maggiore è fra i Caucasici in aree con temperature medie annuali basse, ma la malattia, sia pure con una minima incidenza, è diagnosticata anche nei paesi tropicali. Fra i due sessi è maggiormente colpita la donna con un rapporto di 2:1 o 3:1[9]; le ragioni di questa differenza sono ancora sconosciute, ma il dato accomuna la sclerosi multipla a molte malattie autoimmuni[10].

Oggi, con stime epidemiologiche che superano i 2 milioni di persone affette in tutto il mondo e una prevalenza di 1:1000[11], non meraviglia che sia considerata la malattia neurologica più comune fra i giovani adulti[12]. In proposito, non possiamo dimenticare l’osservazione di Gilbert e Sadler che, dopo aver descritto cinque casi di studio autoptico nei quali sono state inaspettatamente scoperte le tipiche lesioni della sclerosi multipla in persone ritenute asintomatiche per tutta la vita, concludono che la reale incidenza potrebbe essere anche di tre volte maggiore di quella attualmente riconosciuta[13].

Eppure, fino agli anni Ottanta, ossia fino a quando sono stati introdotti criteri diagnostici e metodi basati sulla risonanza magnetica nucleare, in molti istituti neurologici la sclerosi multipla è stata considerata alla stregua di una malattia rara. È ragionevole supporre che una causa del basso numero di casi rilevati in quel periodo sia da ascriversi a falsi negativi e a numerosi casi mai giunti all’osservazione specialistica; tuttavia, non sono stati pochi i neurologi che hanno sospettato, probabilmente in relazione ad ipotesi eziologiche con un ruolo preponderante attribuito a fattori ambientali, che la malattia fosse rara in passato e si fosse verificato un effettivo e notevole incremento di persone colpite in epoca recente.

Ma, attingendo per informazioni a documenti di valore ormai storico, abbiamo conferma di una frequenza tutt’altro che bassa già nel passato, se con i limitatissimi mezzi diagnostici dell’Ottocento i neurologi edotti della sua esistenza hanno potuto lasciarci traccia di una discreta casistica[14].

All’inizio del diciannovesimo secolo la malattia, poi denominata dai neurologi britannici disseminated sclerosis e da quelli francesi sclérose en plaques, era già conosciuta, come si desume dalle accurate descrizioni pubblicate nel tempo da Carswell, da Cruveilhier e poi da Frerichs. È interessante notare che, solo dopo quel periodo, si ebbe l’interessamento da parte di Jean-Martin Charcot, in molte trattazioni indicato quale primo studioso di questa malattia. La ragione di tale attribuzione è tuttavia facile da comprendere, se si considera che il celebre chef de clinique della Salpêtrière che attrasse a Parigi il giovane Freud per i suoi studi sull’isteria, analizzò accuratamente ben 34 casi, definendo nel 1868 aspetti anatomopatologici e clinici mai rilevati in precedenza, e successivamente richiamò l’attenzione della comunità medica internazionale istituendo una fondazione per lo studio della malattia[15]. Un’altra ragione dell’oblio toccato agli studi dei neurologi che avevano preceduto Charcot è nella formulazione di ipotesi eziologiche erronee, talvolta elaborate secondo concezioni che ci appaiono anacronistiche. Ad esempio, Cruveilhier, nel suo saggio pubblicato intorno al 1835, ipotizzava all’origine della sclerosi multipla una soppressione della sudorazione.

Da quell’epoca lontana, si sono compiuti enormi progressi nella conoscenza dei processi patogenetici che portano dalle lesioni focali demielinizzanti alla sezione degli assoni e alla perdita dei neuroni con i deficit neurologici delle fasi avanzate e delle forme progressive, ma quanto alle cause della sclerosi multipla sappiamo poco più di allora e, soprattutto, troppo poco in rapporto alla responsabilità che ricercatori e medici sentono di fronte ad una sofferenza che in un numero crescente di persone chiede di essere alleviata se non eliminata.

Numerosi dati suggeriscono l’influenza di fattori ambientali sulla possibilità di sviluppare la malattia[16]. Studi sui flussi migratori indicano che il rischio di ammalarsi di sclerosi multipla è maggiore in coloro che abbiano vissuto in aree ad alta prevalenza della patologia prima della pubertà. Altre osservazioni riportano dei picchi di incidenza in riferimento ad un determinato luogo o ad un periodo particolare, suggerendo l’importanza di una variabile temporale. Simili profili di distribuzione possono far pensare ad infezioni, a fattori nutrizionali o a tossicità chimica.

L’ipotesi seguita dalle più numerose e intense indagini sperimentali è stata quella virale, con studi condotti sui virus di Epstein-Barr, Herpes simplex 1 e 2, HHV6, Varicella zoster e altri agenti eziologici degli esantemi dell’infanzia. Gran parte dell’interesse per l’ipotesi virale è derivato dal rischio di encefalomielite acuta disseminata che segue infezioni virali e dalla prevalenza di sieropositività a virus come quello di Epstein-Barr nelle persone affette da sclerosi multipla.

Anche alcuni risultati di studi volti ad accertare il ruolo di fattori ambientali hanno contribuito a confermare l’importanza della ricerca sull’eziologia genetica, nonostante siano sempre mancate evidenze per una ereditarietà mendeliana[17]. La diversa prevalenza fra gruppi etnici e la già ricordata differenza nella concordanza fra gemelli monozigoti e gemelli dizigoti hanno costituito fattori determinanti. Più recentemente l’analisi estesa all’intero genoma del polimorfismo di singoli nucleotidi ha identificato numerosi loci genici associati ad accresciuto rischio di malattia nella popolazione generale[18]. Molti polimorfismi mappano geni o loci genici associati con la regolazione immunitaria. Una forte associazione rilevata qualche anno fa è quella con l’HLA-DRB1 sul cromosoma 6p21, che sembra dar conto del 16-60% di suscettibilità genetica allo sviluppo della malattia. Il prosieguo della ricerca sta identificando un numero sempre crescente di loci genici verosimilmente legati alla possibilità di sviluppare un disturbo neurologico clinicamente rilevante, pertanto l’opinione più seguita fra i genetisti è che, se si dimostrerà che la sclerosi multipla è in senso stretto una malattia genetica, sarà definita come un disturbo complesso nel quale molti geni polimorfici interagenti hanno una bassa penetranza ed esercitano un piccolo effetto sul rischio patologico complessivo[19][20].

Ritorniamo al lavoro di Celia Lerma-Martin, Lucas Schirmer e colleghi. I ricercatori, per definire la composizione cellulare delle nicchie patologiche e il rapporto tra tipi cellulari e fasi della patologia neurodegenerativa, hanno impiegato la trascrittomica spaziale da singolo nucleo, da lesioni sottocorticali della sclerosi multipla e da corrispondente tessuto nervoso di cervelli sani di controllo, per mappare i tipi cellulari e le vie associate alle aree di lesione o alle aree indenni.

I ricercatori hanno identificato nicchie corrispondenti a spazi perivascolari, nicchie nel margine infiammato della lesione o nel “core” delle lesioni che sono associate alla cicatrice gliale e al sotto-tipo astrocitario formante cilia. Focalizzando l’attenzione sul margine infiammato delle lesioni attive croniche, i ricercatori hanno scoperto eventi di comunicazione cellula-cellula tra 1) tipi cellulari mieloidi, 2) tipi cellulari endoteliali, 3) tipi cellulari gliali.

I risultati di questo studio, per il cui dettaglio si invita alla lettura del testo integrale del lavoro originale, forniscono nuove conoscenze sulla composizione cellulare, sui programmi multicellulari e sulla comunicazione intercellulare che si verifica nei tessuti delle nicchie, parallelamente alla conversione da una condizione omeostatica allo stato disfunzionale sottostante la progressione delle lesioni nella sclerosi multipla.

 

Gli autori della nota ringraziano la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e invitano alla lettura delle recensioni di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).

 

Roberto Colonna & Lorenzo L. Borgia

BM&L-16 novembre 2024

www.brainmindlife.org

 

 

 

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[1] Già negli anni Novanta si conosceva la concordanza fra gemelli monovulari del 25%, contrapposta al 2-3% dei biovulari, e associazioni significative con genotipi HLA; tuttavia, la somiglianza delle lesioni con l’encefalomielite allergica sperimentale è stata condizionante. Questa encefalite, divenuta poi un modello sperimentale della malattia, si produce negli animali per reazione autoimmune a materiali mielinici, in particolare per sensibilizzazione dei linfociti T alla proteina basica della mielina, e presenta lesioni demielinizzanti perivenulari a placca, con andamento cronico e recidivante come nell’andamento clinico della sclerosi multipla umana.

[2] Note e Notizie 20-04-24 Il ruolo di SCFA intestinali nella sclerosi multipla.

[3] Fagnani C., et al. Twin studies in multiple sclerosis: a meta-estimation of heritability and environmentality. Multiple Sclerosis 21: 1404-1413, 2015.

[4] Beecham A. H., et al. Analysis of immune-related loci identifies 48 new susceptibility variants for multiple sclerosis. Nature Genetics 45: 1353-1360, 2013. Ma è emerso che le varianti associate hanno un effetto molto limitato rispetto al rischio complessivo di malattia e non possono giustificare l’aggregazione di parenti biologici con sclerosi multipla dedotta dall’analisi delle famiglie.

[5] Note e Notizie 11-06-16 Trovata la prima mutazione che spiega la sclerosi multipla.

[6] Note e Notizie 11-06-16 Trovata la prima mutazione che spiega la sclerosi multipla.

[7] Malattia di Marburg e sclerosi multipla tumefattiva.

[8] Malattia di Schilder e sclerosi concentrica di Balo.

[9]  Per la ratio 2:1, v. Bradl M. & Lassmann H., Multiple Sclerosis, in Neuroglia (Kettenmann & Ransom, eds), p. 785, Oxford University Press, New York (USA), 2013; per la ratio 3:1, v. Adams and Vicrtor’s Principles of Neurology, Tenth Edition, p. 917, McGraw Hill, 2014.

[10] D’altra parte la demielinizzazione si associa a malattie autoimmuni, quali SLE, malattia di Sjogren e sindromi correlate.

[11] La prevalenza media di 1:1000 abitanti in Nord America ed Europa Centro-Settentrionale comprende stime come quelle di Mayr nel Minnesota di 177 casi per 100.000 (Olmstead County) e di 30/80 per 100.000 in Nord USA e Europa. Invece, nel meridione di USA ed Europa, la prevalenza è da 6 a 14 per 100.000. Nelle aree tropicali è rara con una prevalenza sempre inferiore all’unità per 100.000 abitanti (Cfr. Adams & Victor’s, p. 917, McGrawHill, 2014).

[12] Spesso diagnosticata fra i 20 e i 40 anni: si vedano le righe introduttive in Note e Notizie 06-02-16 Nella sclerosi multipla un sorprendente comportamento delle cellule NK; Cfr. Bradl M. & Lassmann H., Multiple Sclerosis, in Neuroglia (Kettenmann & Ransom, eds), p. 785, Oxford University Press, New York (USA), 2013.

[13] Cfr. Adams and Vicrtor’s Principles of Neurology, Tenth Edition, p. 917, McGraw Hill, 2014.

[14] Compston A., Lassmann H., McDonald I., The history of multiple sclerosis, pp. 69-112 in McAlpine’s Multiple Sclerosis 4th ed. Churchill Livingstone, New York 2006.

[15] Questa iniziativa, a un secolo di distanza, ispirò Rita Levi-Montalcini per la costituzione dell’AISM.

[16] Compston A. & Cole A. Multiple Sclerosis. Lancet 372, 1502-1517, 2008. Cfr. Staugaitis S. M. & Trapp B. D., Diseases Involving Myelin, pp. 691-704 in Basic Neurochemistry (Brady, Siegel, Albers, Price), AP, Elsevier, 2012.

[17] V. nota 10.

[18] Cfr. Australia and New Zealand Multiple Sclerosis Genetics Consortium (ANZgene), 2009; De Jager et al. Nature 41, 776-782, 2009.

[19] Staugaitis S. M. & Trapp B. D., op. cit., p. 696.

[20] Note e Notizie 11-06-16 Trovata la prima mutazione che spiega la sclerosi multipla.